La lotta alle povertà e la costruzione di un’economia alimentare più
equa passa attraverso la lotta allo spreco di cibo: un terzo di quello
prodotto nel mondo va perso durante la catena di lavorazione o a livello
domestico. Cifre abnormi, imbarazzanti, soprattutto se rapportate al
fatto che sono sempre di più le persone, tra cui molti bambini, che
muoiono di fame o che vivono di stenti. Buttare cibo in spazzatura non
solo è un spreco, inqualificabile dal punto di vista etico e sociale, ma
significa anche prosciugare e inquinare la Terra inutilmente,
riempendola di rifiuti. Paradossalmente, e in modo amaramente ironico,
la nostra epoca non è soltanto quella degli sprechi e delle
diseguaglianze sociali, ma anche quella in cui le tecnologie consentono
la migliore conservazione e trasportabilità dei cibi. Non solo, c’è
anche internet. Ridurre lo spreco diventa dunque possibile. Come?
Donando agli altri il cibo, ancora perfettamente commestibile, invece di
gettarlo nella spazzatura. Il tutto in modo facile e gratuito,
sfruttando le potenzialità della rete, con un semplice click. Nasce così
il food sharing, che significa appunto condividere il cibo: quello che
non si riesce a consumare, magari perché invenduto, prodotto o
acquistato in eccesso, purché sia ancora buono e perfettamente
commestibile. Nato in Germania su iniziativa di Valentin Thum e Stefan
Kreutzberg , il food sharing sta diventando un fenomeno sempre più
diffuso in rete. La novità del Food Sharing è proprio quella di
utilizzare la piattaforma digitale come luogo fisico di scambio tra
soggetti che hanno delle eccedenze alimentari e soggetti disposti a
consumarle. L’iniziativa è aperta ai privati ma mira a coinvolgere anche
grande distribuzione, ristoratori e produttori agricoli che possono
trovare, nella piattaforma, una valida alternativa alla pattumiera. I
panettieri potrebbero proporre il pane del giorno prima, i macellai gli
ultimi tagli di carne e i ristoranti gli avanzi ancora buoni di
matrimoni e banchetti, etc.. Vale naturalmente il principio che ciò che
si scambia deve essere in buone condizioni. Foodsharing fa diventare il
cittadino l’asse della bilancia, spostando il peso della responsabilità
della lotta allo spreco dalle istituzioni locali al singolo. Come funziona il foodsharing? Basta
registrarsi sul sito. Tutti possono farlo liberamente, negozi di
alimentari, supermercati, bar, ristoranti, panifici, produttori
agricoli, associazioni di volontariato, onlus e semplici cittadini . Una
volta iscritti al sito, donatori e beneficiari potranno mettersi in
contatto attraverso un sistema di messaggistica interna per concordare
le modalità di consegna/ritiro. In cambio di nulla. Il servizio infatti
non prevede una registrazione a pagamento e il cibo è scambiato
gratuitamente. Anche a Ragusa sarà presto attiva una piattaforma
digitale per evitare lo spreco. Iscrivendosi al sito, ogni ragusano
potrà finalmente trovare un’alternativa alla pattumiera e postare la
propria offerta di cibo – anche minima – e la data di scadenza. Ci
saranno due modi per partecipare attivamente al progetto: utente di base
e volontario. L’utente di base potrà condividere prodotti alimentari
tramite il sito, come donatore o beneficiario.Se per qualcuno non è
abbastanza condividere, sarà possibile partecipare come volontario. Si
tratterà di promuovere l’iniziativa di foodsharing nel proprio
quartiere, nella propria cerchia di amici e conscenti, contribuendo con
passaparola, volantini, etc.. Una volta partito il progetto in rete,
ogni quartiere della città potrebbe dotarsi un punto di food sharing, un
posto dove gli abitanti del quartiere possano conferire il loro cibo in
eccesso, donarlo o scambiarlo con altre persone. In un momento storico
in cui anche la nostra comunità, quella che era l’isola nell’isola,
soffre tremendamente sotto i colpi della crisi, un’iniziativa come
questa, che coniuga lotta allo spreco e lotta alla povertà, non può che
sucitare interesse e partecipazione. Prima di buttare cibo ancora
perfettamente commestibile nella spazzatura proviamo quindi a vedere se
c’è qualcuno disposto a ritirarlo e consumarlo. Non costa nulla, ci
vuole solo un pò di buona volontà e una buona dose di senso civico.
Condividere è meglio di sprecare!!!
Paolo Frasca